"Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga". (Gv 15,16)
Per lei soltanto il lavoro, con la giornata che inizia alle tre e mezza di mattinata e prosegue in azioni faticose e umili, che lei compie così bene da farle diventare un capolavoro, condendole con tanta preghiera anche in mezzo alla più completa aridità spirituale. Frusta di lavoro e consumata dagli anni, tormentata dai reumatismi che negli ultimi anni la costringono a letto, incapace anche del più piccolo movimento, si spegne cieca, sorda e rattrappita, dopo 72 anni di clausura, nel 1922. Di lei sembra non accorgersi nessuno e così la seppelliscono in fretta, il giorno dopo, nella fossa comune. Ma la tirano fuori 13 anni dopo, a furor di popolo, e la seppelliscono in chiesa, tanti sono i miracoli che si verificano sulla sua tomba. E non basta: Paolo VI, nel 1967, proclama beata Suor Maria Fortunata Viti, la suora che, lavorando e sorridendo, si era fatta santa nella monotonia del quotidiano, nel chiuso di un convento e con un sacco di malanni, e che da allora possiamo festeggiare il 20 novembre. (Gianpiero Pettit)
ad intercessione di suor Maria Fortunata
Una vita umile
Di eccezionale in questa vita non c’è proprio niente, a parte una
straordinaria longevità: quasi 96 anni, ma di una vita così umile,
nascosta, insignificante direbbe qualcuno, che quasi si fa fatica a
parlarne. Le premesse non sono delle più felici: il papà è un ricco
possidente di Veroli che si rovina salute e portafoglio grazie alla sua
passione per il gioco e alla sua tendenza a consolarsi con troppi
bicchieri di vino. La mamma muore di crepacuore a 36 anni dopo aver dato
alla luce nove figli e lei, a 14 anni, si ritrova mammina precoce degli
altri otto. Ha così tanto da fare che non riesce a pensare a sé e
nemmeno al suo futuro. La sua maggiore occupazione è fare in modo che in
casa tutti rispettino quel padre collerico, alcolizzato e ridotto in
miseria, come è capace di fare lei, che ogni sera gli bacia la mano e
gli chiede la benedizione, ingoiando lacrime e umiliazioni: e pensare
che l’avevano battezzata Anna Felice e da suora l’avrebbero chiamata
Fortunata!
Convento delle
“monache buone”
A 24 anni, infatti, decide di entrare nel convento delle
“monache buone”, cioè le benedettine della sua città. Si conserva di lei
il fermo proposito, formulato in quel giorno, di “farsi santa”: non sa
che per raggiungere l’obiettivo dovrà vivere più di 70 anni, “sepolta
viva” nell’anonimato della sua cella, con giornate tutte uguali,
scandite da azioni ripetitive che qualcuno potrebbe anche definire
monotone: filare e cucire, lavare e rammendare. E pregare, anche se
questo per lei non dovrebbe essere un problema, assorbita come sempre
sembra nella contemplazione del suo Dio. Soltanto dopo si potrà scoprire
quanta aridità spirituale si nascondeva dietro quel suo fervore; quanti
tormenti ed intimi combattimenti venivano coperti dalla sua apparente
imperturbabile serenità. Non sa né leggere né scrivere per le sue ben
note vicende familiari e così non può essere ammessa tra le “coriste”,
cioè le monache che si dedicano alle funzioni liturgiche.Per lei soltanto il lavoro, con la giornata che inizia alle tre e mezza di mattinata e prosegue in azioni faticose e umili, che lei compie così bene da farle diventare un capolavoro, condendole con tanta preghiera anche in mezzo alla più completa aridità spirituale. Frusta di lavoro e consumata dagli anni, tormentata dai reumatismi che negli ultimi anni la costringono a letto, incapace anche del più piccolo movimento, si spegne cieca, sorda e rattrappita, dopo 72 anni di clausura, nel 1922. Di lei sembra non accorgersi nessuno e così la seppelliscono in fretta, il giorno dopo, nella fossa comune. Ma la tirano fuori 13 anni dopo, a furor di popolo, e la seppelliscono in chiesa, tanti sono i miracoli che si verificano sulla sua tomba. E non basta: Paolo VI, nel 1967, proclama beata Suor Maria Fortunata Viti, la suora che, lavorando e sorridendo, si era fatta santa nella monotonia del quotidiano, nel chiuso di un convento e con un sacco di malanni, e che da allora possiamo festeggiare il 20 novembre. (Gianpiero Pettit)
Triduo in onore alla SS. Trinità per ottenere grazie
- Vi adorano e ringraziamo, o Eterno Divin Padre, supplicandovi per i favori di cui colmaste Suor M. Fortunata, Vostra fedele Serva, a concederci il dono delle fede e la grazia particolare che domandiamo... Pater, Ave, Gloria
- Vi adoriamo e ringraziamo, O Eterno Divin Figlio, supplicandovi per i favori di cui colmaste Suor M. Fortunata, Vostra fedele Serva, a concederci il dono della speranza e la grazia particolare che domandiamo... Pater, Ave, Gloria
- Vi adoriamo e ringraziamo, o Eterno Divino Spirito, supplicandovi per favori di cui colmaste Suor M. Fortunata, Vostra fedele Serva, Vostra fedele Serva, a concederci il dono della carità e la grazia particolare che domandiamo... Pater, Ave, Gloria
Dio benignissimo, che amate i cuori vergini e semplici, per le virtù che ornarono la Vostra fedelissima Serva Suor Maria Fortunata, e che la resero a Voi tanto cara, mostrateci la gloria che ora gode in cielo, degnandovi di innalzarla agli onori degli altari.
Fate che le sue virtù ci siano di sprone per abbracciare con generosità le tribolazioni della vita, adempiendo sempre e in tutto i divini voleri e, così vivendo, meritare di vedere un giorno a faccia svelata il vostro Volto Divino. Così sia.