Paolo Miki è il primo martire giapponese, o meglio il primo giapponese caduto martire per la propria fede cristiana. Va chiarito infatti che non si tratta di un missionario caduto in Giappone, ma di un cristiano del Giappone, esemplare nella vita ed esemplare soprattutto nella morte.
La sua vita del resto fu molto semplice, lineare.
Egli appartenne allo stuolo, veramente imponente, dei primi convertiti giapponesi dopo il più antico tentativo di evangelizzazione di quel lontanissimo paese, legato, come si sa, alla storia e alla gloria del grande San Francesco Saverio.
Francesco Saverio era stato in Giappone verso il 1550, e vi aveva gettato i primi fertili semi dell'apostolato cristiano. Dopo di lui, l'opera venne proseguita dai suoi confratelli della Compagnia di Gesù, con successo davvero sorprendente, se si pensa alle difficoltà di quell'ambiente e di quella mentalità così diversa dall'occidentale, e anche alla complicatissima lingua giapponese.
Meno di trent'anni dopo, nel 1587, si contavano in Giappone più di duecentomila cristiani. Uno di questi era il giovane Paolo Miki, nato a Kioto - la capitale dell'arte e della cultura nel paese del Sol Levante - nel 1556. Battezzato a cinque anni, Paolo Miki era entrato ventenne nel seminario dei Gesuiti, ad Anzuciana. Presto era diventato novizio nella Compagnia, aggregandosi poi, con i voti solenni, al manipolo dei seguaci di Sant'Ignazio.
Per lui, giapponese di lingua e di cultura, lo studio del latino fu, comprensibilmente, irto di difficoltà. In compenso divenne un ottimo conoscitore delle dottrine e delle usanze buddiste, e ciò gli permise di sostenere utilmente le discussioni con i dotti del luogo, ottenendo numerose conversioni.
Il Padre Miki, gesuita giapponese, fu infatti ottimo e suadente predicatore.
Venne considerato il migliore del proprio tempo, e fu scritto di lui che « mostrava il suo zelo più con i sentimenti affettuosi che con le parole ».
Fino al 1590, i missionari cristiani furono circondati, in Giappone, da un clima di tolleranza e spesso di benevolenza. Ma improvvisamente, per diversi e complessi motivi, lo shagun Taicosama decretò l'espulsione dai suoi stati dei missionari gesuiti. Gran parte dei religiosi restò, nascondendosi e proseguendo la loro opera di apostolato in modo semiclandestino. Ma l'arrivo di nuovi missionari e il loro troppo clamoroso preselitismo urtò Taicosama il quale, nel 1596, decretò l'arresto di tutti i missionari.
Paolo Miki venne catturato ad Osaka, con due compagni. Trasferito in carcere a Meaco, vi trovò altri cristiani e missionari, ventisei in tutto: 6 francescani, 3 gesuiti giapponesi e 17 laici giapponesi, tra i quali due ragazzi di 11 e 13 anni. Subirono tutti raffinate e umilianti torture, tra le quali il taglio dell'orecchio sinistro, e l'esposizione allo scherno della popolazione. I persecutori tentarono anche di farli rinnegare, ma nessuno dei ventisei disertò.
Finalmente, il 5 febbraio 1597, vennero messi a morte su una collina presso Nagasaki, chiamata poi « la santa collina ». Legati con funi sulle croci, vennero trafitti da due lance incrociate, trapassanti il cuore.
Il ragazzo di 13 anni intonò, sulla croce, l'inno Laudate pueri Dominum; Paolo Miki, prima di morire, parlò un'ultima volta con eloquenza divinamente ispirata, perdonando i propri carnefici. Sulla croce eretta sopra la collina di Nagasaki, il primo martire giapponese apparve veramente come un vessillo, non di sconfitta, ma di perenne vittoria.
Martirologio romano
A Nagasaki, in Giappone, la passione di ventisei Martiri, dei quali tre Sacerdoti, uno Chierico e due laici dell'Ordine dei Minori, altri tre, fra i quali uno Chierico, della Compagnia di Gesù, e diciassette appartenenti al Terz'Ordine di san Francésco, i quali tutti per la fede cattolica messi in croce, e trapassati a colpi di lancia, lodando il Signore e predicando la medesima fede, morirono gloriosamente, e dal Sommo Pontefice Pio nono furono ascritti nel catalogo dei Santi.
Dalla «Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni»
scritta da un autore contemporaneo.
Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani» (Sal 30, 6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre nostro e l'Ave Maria.
Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiaro ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: «Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c'è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all'imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano».
Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all'estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento.
Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori. Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo Laudate, pueri, Dominum, che aveva imparato a Nagasaki durante l'istruzione catechista; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo.
Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte.
Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero.
Preghiera
O Dio, forza dei martiri, che hai chiamato alla gloria eterna san Paolo Miki e i suoi compagni attraverso il martirio della croce, concedi anche a noi per loro intercessione di testimoniare in vita e in morte la fede del nostro Battesimo. Per il nostro Signore…
Altri Santi del giorno
06 febbraio
San Paolo Miki e compagni Martiri
Le sue mani si sono mosse alla guerra quando vinse il regno del male. Ha detto infatti: Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo. Sant'Ilario