23 giugno

San Giuseppe Cafasso Sacerdote Patrono dei carcerati

“Tre erano le sue virtù principali: calma, accortezza e prudenza. Al ministero della confessione dedicava molte ore della giornata. Di molti santi e fondatori di istituti religiosi egli fu sapiente consigliere spirituale. Il suo insegnamento nasceva dall’esperienza viva della misericordia di Dio e dalla profonda conoscenza dell’animo umano: la sua fu una vera scuola di vita sacerdotale”. Papa Benedetto XVI

Era nel mondo, ma non fu del mondo.
Giuseppe Cafasso nacque a Castelnuovo d'Asti da una famiglia contadina, modesta e profondamente religiosa, nel 1811. Frequentò le scuole pubbliche del suo paese prima di frequentare il seminario di Chieri.

Difficile era prevedere un futuro di oratore: a scuola andava abbastanza male ed inoltre il suo parlare era sommesso, ma divenne prete a 22 anni ed entrò nel Convitto ecclesiastico torinese del teologo Luigi Guala, dove i neo-sacerdoti potevano approfondire le loro conoscenze. Entrato come allievo, Cafasso vi rimase prima come insegnante, poi come direttore spirituale ed infine come rettore.

Nonostante la mancanza di una voce tonante venne chiamato a predicare. Il suo aspetto era gracile, la sua colonna vertebrale deviata lo faceva apparire gobbo. Divenne amico di don Giovanni Bosco e lo consigliò, indirizzandolo ad aiutare i ragazzi poveri di Torino. Alcuni notabili gli proposero anche di candidarsi alla Camera; ma don Cafasso rinunciò rispondendo

«Nel Dì del Giudizio il Signore mi chiederà se avrò fatto il buon prete, non il deputato».

Era popolare a Torino, in particolare per l'aiuto offerto ai carcerati, anche col supporto morale alle loro famiglie. Venne definito «il prete della forca» perché spesso si presentava alle esecuzioni capitali seguendo il condannato a morte fino al patibolo per abbracciarlo e farlo sentire amato.

Monumento a S. Giuseppe Cafasso
Morì il 23 giugno 1860 a Torino. Beatificato nel 1925, venne canonizzato da papa Pio XII nel 1947 e proclamato patrono dei carcerati[4] e dei condannati a morte. I suoi resti si trovano all'interno del Santuario della Consolata, a Torino.

Un monumento gli è stato dedicato a Torino nel 1960 nello slargo di Corso Regina Margherita, denominato popolarmente "Rondò della forca" perché un tempo, fino al 1863 (probabilmente ad iniziare dal 1835), qui venivano eseguite le condanne a morte per pubblica impiccagione

Dai "discorsi" di San Giuseppe Cafasso
La festa dell’Epifani.
"Dio è offeso, ingiuriato, oltraggiato, non è un mal piccolo, miei cari, anzi non v’è male più grande a questo mondo: nonostante la sua misericordia è disposta a cedere, e vuol far pace: aspetta il peccatore, non viene, lo chiama non si lascia vedere, lo va a cercare, ed il peccatore fugge, Dio lo raggiunge, e lo ferma, e questi ostinato non vuol sentirlo, Dio gli promette premi e favori, il peccatore li rifiuta, Dio gli minaccia pene e castighi, il peccatore insensibile: pare che a questo punto qualunque pazienza dovrebbe stancarsi, par che Dio sdegnato finalmente e con ragione, debba dirgli: ingrato, e sconoscente, tu vai a perderti senza dubbio, ma almeno saprai che la colpa fu tua: eppure no! Ributtato così villanamente il Signore non si stanca, né si ferma, la sua misericordia è tale e tanta che gli prende il passo, e vedendolo andar con precipizio alla perdizione, si slancia alle porte dell’inferno, e alza la voce per dire, guarda o figlio o peccatore, deh! non venire a questo luogo, via via se mai vi cadi tu sei perduto. Io non posso portare più avanti la misericordia del Signore, siamo alle porte dell’inferno, e là non entra; se potesse entrare, vuoterebbe in un momento quel luogo»

Il sacerdote e l'amore
Siamo nati per amare, viviamo per amare, morremo per amare ancora più. Tal è, o fratelli, il nostro fine quaggiù; tale sarà, come speriamo, la nostra destinazione futura ed eterna. «Beato colui - dice sant’ Agostino - che avrà imparato questa scienza di amare». «Voi fortunato - diceva quel buon laico al gran dottore san Bonaventura - voi ben felice, che sapete e avete imparato tante cose!». «Ah! figliuolo mio - rispondeva il santo - non avere invidia della mia scienza; la vecchierella che sa amar Dio, ne sa tanto come frate Bonaventura...». Questa risposta, che cagionò stupore e ammirazione in quell'anima semplice, può dare a noi materia di riflessione e di confusione.
A noi forse potrà parere di saper qualche cosa a questo mondo; e, dopo tanti anni di studio, ci sembra quasi un avvilirci l'adattarci a trattare con certe persone rozze e grossolane, tanto ci fa compassione la loro ignoranza; eppure, se esse amano Dio, ne sanno tanto come noi e anche di più di noi. Vi sono alle volte tra questa gente dei cuori tutto zelo, tutto amore, mentre i nostri, con tante cognizioni, saranno freddi e gelati. E che vale tutta la nostra scienza, se ci manca la prima e la principale, che è quella di saper amare Iddio?
Che gran tesoro non è mai per una famiglia e per un paese un sacerdote che ami, che viva, che arda di carità! Quanto bene si potrà aspettare dall'esercizio del suo ministero! «Oh! quanto è mai dolce - diceva S. Agostino - parlare di amore! ma quanto più dolce sarà il praticarlo!». Ah! volesse pure Iddio che, infiammati oggi di questo fuoco celeste, cominciassimo qui in terra, in questa valle di lacrime, quella vita d'amore che spero sarà un dì la mia e la vostra per sempre in cielo!

Atto di accettazione della morte
composto e recitato da san Giuseppe Cafasso

Grande Iddio, io accetto e adoro la sentenza di morte pronunziata sopra di me, e portandomi col pensiero sul mio letto di morte, voglio fare adesso per allora una ultima e solenne protesta di quei sentimenti ed affetti con cui intendo terminare la mia mortale carriera. Siccome questo miserabile corpo fu la cagione per cui offesi tanto il caro mio Dio, così per sua punizione e castigo ne fo ben di cuore un totale sacrificio all'offeso mio Signore. Per quello che riguarda il tempo o le circostanze tutte della mia morte, io mi rassegno pienamente, ad esempio del mio Divin Redentore, a tutto ciò che il Padre Celeste avrà disposto di me. Accetto quella morte qualunque che Iddio nei suoi decreti crederà migliore per me. Per compiere la volontà sua, intendo accettare da Lui o per Lui tutti quegli spasimi e dolori, che sarà in voler suo che io soffra in quel punto. Questa è la mia ferma e precisa volontà, con cui intendo vivere e morire in qualunque momento Iddio voglia disporre di me. Io mi metto tra le mani della mia cara madre Maria, del mio buon Angelo Custode, di san Giuseppe, dei Santi miei protettori, quali tutti attendo sul punto di mia morte e pel viaggio alla mia eternità. Amen.

Preghiera
Amato San Giuseppe Cafasso, tu che fosti l’apostolo dei muratori, dei carcerati, dei condannati a morte, della povera gente del tuo tempo, fa’ che coloro che conducono una vita di miseria possano sentire l’amore di Dio vicino a loro.
Ti affidiamo soprattutto coloro che hanno il carcere del peccato nel cuore o che sono reclusi a causa dei loro errori; intercedi per tutti il pentimento sincero e la potenza della Misericordia di Dio.
lntercedi per noi il dono di una fede sincera, di una speranza viva, di una carità fedele.
Ottienici dal Signore, per la tua potente intercessione, le grazie di cui la nostra vita necessita, e veglia e proteggi sui nostri cari. San Giuseppe Cafasso, prega per noi!