24 marzo

Beato Oscar Arnulfo Romero Galdàmez Vescovo e martire

"Non ho la vocazione di martire"... ma "uno non deve mai amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita”.

Nasce a Ciutad Barrios il 15 agosto 1917
Sin da giovanissimo matura la vocazione sacerdotale.
A 12 anni entra nel seminario e dopo alcuni anni giunge a Roma per continuare gli studi.

Nomina di Vescovo
E' ordinato sacerdote nel 1942 nella cappella maggiore del Collegio Pio Latino Americano di Roma. Torna in patria e diventa parroco di Anamoros. Poco tempo dopo viene trasferito a San Miguel, dove resta fino alla nomina di Vescovo ausiliare di San Salvador.
Dopo quattro anni, nel 1974 è Vescovo di Santiago de Maria, una delle diocesi più povere del paese sudamericano. Qui conosce da vicino le povertà del popolo salvadoregno e le ingiustizie che subisce. Nel 1977 è Arcivescovo di San Salvador in un momento in cui nel paese infierisce senza sosta la repressione sociale e politica.

Romero: il Vescovo scomodo
Egli è un uomo di cultura non impegnato socialmente; un vescovo che avrebbe pensato ad una pastorale "spirituale" per il popolo, disincarnata completamente dalla vita e dalla storia della città e del paese. Pochi giorni dopo la sua elezione, uno dei suoi sacerdoti migliori e fedeli, il padre gesuita Rutilio Grande, viene assassinato. Mons. Romero passa tutta la notte vicino alla sua salma e ordina che sia celebrata una sola Messa di suffragio in tutta la diocesi. Il sangue di questo sacerdote - dirà più tardi - lo orienta verso i valori della giustizia sociale e della solidarietà verso i più poveri del paese.

Il Beato dei poveri
Nella sua prima Lettera Pastorale dichiara di volersi schierare apertamente dalla parte dei più poveri. Ogni domenica il popolo attende con ansia i suoi messaggi pronunciati nel corso delle celebrazioni nella cattedrale e diffusi in tutto il paese attraverso la radio. Il suo messaggio è quello di una vera e propria redenzione del popolo costretto a subire atti di violenza e di ingiustizia. Mons. Romero diventa così pericoloso: la Chiesa inizia a subire altri attentati. La stessa sorte di p. Rutilio tocca ad altri quattro sacerdoti. La voce di Romero è diventata la "Voz de los que no tienen voz", la voce di coloro che non hanno voce, una voce libera che invoca la pace.

"Nel nome di Dio e del popolo che soffre vi supplico, vi prego, e in nome di Dio vi ordino, cessi la persecuzione contro il popolo". 

Pace per Mons. Romero è avere la possibilità di parlare, di criticare e di dire pubblicamente la propria opinione. E lo testimonia con il suo comportamento quotidiano. Le sue omelie domenicali sono molto applaudite: applaudire è il solo modo che il popolo salvadoregno ha di manifestare il proprio diritto alla parola, in un paese dove non si concede tale elementare diritto.

"Sappiamo che ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto che è piena d'ingiustizia e di peccato, è uno sforzo che Dio benedice, che Dio vuole, che Dio esige".

E' il 24 marzo 1980
Mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, conclude la sua omelia durante la Messa vespertina. Pochi minuti dopo, al momento dell'Elevazione del calice, un sicario, entrato in quel momento nella piccola cappella dell'ospedale della "Divina Provvidenza" di San Salvador, spara e lo uccide. In ricordo di ciò, il 24 marzo è stato scelto come giorno per celebrare la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, istituita dal Movimento giovanile missionario delle Pontificie opere missionarie. Papa Francesco in data 3 febbraio 2015 ha promulgato il decreto che riconosce il martirio in odio alla fede di Mons. Romero.

«Tutto concorre al bene di loro che amano Dio»

Frasi di Mons. Romero
La parola resta.
  • E questa è la grande consolazione di chi predica.La mia voce scomparirà, ma la mia parola che è Cristo resterà nei cuori di quanti lo avranno voluto accogliere.
  • Fratelli, custodite questo tesoro. Non è la mia povera parola a seminare speranza e fede; è che io non sono altro che l’umile risuonare di Dio in questo popolo.
  • Se mi uccidono, risorgerò nel popolo salvadoregno. Un vescovo morirà, ma la chiesa di Dio, che è il popolo, non morirà mai.
  • Non vi è disgrazia, non vi sono catastrofi, non vi sono dolori, per quanto inauditi siano, che, quando si soffrono per amor di Dio, non si trasformino in corona di gloria e di speranza.
  • A cosa servono belle strade e aeroporti, begli edifici di tanti piani, se vengono costruiti con il sangue dei poveri, che non ne beneficeranno?
  • Ateo non è solo il marxismo, ateo pratico è anche il capitalismo. Questo divinizzare il denaro, questo idolatrare il potere, questo porre falsi idoli da sostituire al vero Dio. Viviamo tristemente in una società atea.
Bisogna promuovere tutto l'uomo. 
  • Cristo si preoccupa di salvare il corpo e l'anima. C'è una spiritualità pericolosa nel nostro tempo che dice alla Chiesa: tu devi predicare solo un mondo spirituale, devi parlare solo di Dio, del regno dei cieli e non ti devi preoccupare della terra. Così stiamo dividendo il Vangelo, Cristo è venuto a salvare gli uomini facendo attenzione anche ai loro corpi. Perciò non ci può essere una dicotomia fra i diritti di Dio e i diritti dell'uomo. Quando parliamo dei diritti dell'uomo, stiamo pensando all'uomo immagine di Dio, stiamo difendendo Dio..
Che bella la Chiesa!
  • Davanti a questa ondata di diffamazione la Chiesa è più bella, è come quelle rocce del mare che quanto più le onde le si scagliano contro, tanto più la rendono bella, come adornandola di una collana di perle; e con la grazia delle onde la levigano, la fanno ancora più bella e leggiadra. Così è la Chiesa oggi. Viviamo questa Chiesa.
  • Mi addolora la calunnia che io sono vescovo solo di una classe e disprezzo le altre classi. No, io cerco di avere un cuore largo come quello di Cristo, di imitarlo, per chiamare tutti a questa parola che salva; perché tutti ci convertiamo, io per primo, a questa parola. Questa è la missione della Chiesa.
  • Fratelli, non valutiamo la Chiesa per quantità della gente, né valutiamola per edifici materiali. La Chiesa ha costruito molti templi, molti seminari. Ciò che importa siete voi, le persone, i cuori, la grazia di Dio che ridà la verità e la vita di Dio. Non valutatevi per la moltitudine, ma per la sincerità del cuore con cui seguite questa verità e questa grazia del nostro Divino Redentore.
  • C’è un criterio per sapere se Dio sta vicino o lontano da noi: chiunque si preoccupi dell’affamato, del nudo, del povero, dello scomparso, del torturato, del prigioniero, di tutta questa carne che soffre, ha vicino Dio. "Griderai al Signore e ti ascolterà". La religione non consiste nel pregare molto. La religione consiste in questa garanzia d’avere Dio vicino perché faccio del bene ai miei fratelli. La garanzia della mia preghiera non è quella di dire molte parole, la garanzia della mia preghiera è molto facile da conoscere: come mi comporto con il povero? Perché Dio sta lì!
  • Cristo cominciò a predicare il Vangelo con un invito alla penitenza, e questa è anche la sostanza della predicazione della Chiesa: «Fate penitenza, convertitevi, lasciate le cattive strade». Quanto è necessario, in questa ora della patria, abbandonare le strade dell'odio, della calunnia, della vendetta, dei cuori malvagi, e dire: «Convertitevi»... Conversione dai peccati che ognuno ha nel suo cuore. Io porto i miei peccati, come anche ciascuno di voi. Chi di noi qui presenti non è peccatore? Chiediamo perdono al Signore, convertiamoci, lasciamo la cattiva strada.
  • Fratelli, quando predichiamo la Parola del Signore, non solo denunciamo le ingiustizie dell'ordine sociale. Denunciamo ogni peccato che è notte, che è ombra: ubriacature, abbuffate, lussurie, adulteri, aborti. Tutto ciò, che è il regno dell'iniquità e del peccato, scompaia dalla nostra società.
Viviamo molto al di fuori di noi stessi.
  • Sono pochi gli uomini che veramente entrano in se stessi e per questo ci sono tanti problemi. Nel cuore di ciascun essere umano c’è come una piccola cella, intima, dove Dio scende a parlare da solo con l’uomo. Ed è lì dove la persona decide il proprio destino, il proprio ruolo nel mondo. Se ciascun uomo o donna, di quelli che hanno tanti problemi, in questo momento entrasse in questa piccola cella e da lì ascoltassero la voce del Signore che ci parla nella nostra coscienza, quanto potrebbe fare ciascuno di noi per migliorare l’ambiente, la società, la famiglia in cui viviamo.
Non è la mia povera parola che semina speranza e fede.
  • Non sono altro che l'umile eco di Dio tra questo popolo, che dice a coloro che sono stati scelti come flagelli di Dio e usano la violenza in forme così diverse che stiano attenti, che quando Dio non si servirà più di loro, li getterà nel fuoco, è meglio che si convertano in tempo; e a coloro che soffrono i flagelli e non comprendono il perché delle ingiustizie e dei disordini: abbiate fede, abbandonatevi, volontà e cervello, cuore, tutti voi stessi, poiché Dio ha la sua ora, poiché i nostri scomparsi non lo sono agli occhi di Dio, e quelli che li hanno fatti scomparire sono anch'essi molto presenti davanti alla giustizia di Dio. Chiediamo per gli uni e per gli altri, e per il mondo che soffre le incertezze, la sicurezza della fede.
  • Dio ci chiama e ci dice che ci verrà incontro come il padre del figliol prodigo, come il salvatore dell'adultera; non c'è peccato che non sia perdonato, non c'è inimicizia che non si possa riconciliare, quando ci sia una conversione e un ritorno sincero al Signore.
  • Nessuno è vinto, anche se lo mettono sotto lo stivale dell'oppressione e della repressione. Chi crede in Cristo, sa di essere un vincitore e sa che la vittoria definitiva sarà della verità e della giustizia!
Le ultime parole di mons. Oscar Arnulfo Romero
  • “In questo calice il vino diventa sangue che è stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo. Questo momento di preghiera ci trova saldamente uniti nella fede e nella speranza…”

Preghiera a Padre Oscar Romero
Noi t’invochiamo, vescovo dei poveri, intrepido assertore della giustizia, martire della pace: ottienici dal Signore il dono di mettere la sua Parola al primo posto e aiutaci a intuirne la radicalità e a sostenerne la potenza, anche quando essa ci trascende.
Liberaci dalla tentazione di decurtarla per paura dei potenti, di addomesticarla per riguardo di chi comanda, di svilirla per timore che ci coinvolga.
Non permettere che sulle nostre labbra la Parola di Dio si inquini con i detriti delle ideologie. Ma dacci una mano perché possiamo coraggiosamente incarnarla nella cronaca, nella piccola cronaca personale e comunitaria, e produca così storia di salvezza.
Aiutaci a comprendere che i poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il roveto ardente e in consumabile da cui egli ci parla.
Prega, vescovo Romero, perché la Chiesa di Cristo, per amore loro, non taccia. Implora lo Spirito perché le rovesci addosso tanta paresia da farle deporre, finalmente, le sottigliezze del linguaggio misurato e farle dire a viso aperto che la corsa alle armi è immorale, che la produzione e il commercio degli strumenti di morte sono un crimine, che gli scudi spaziali sono oltraggio alla miseria dei popoli sterminati dalla fame, che la crescente militarizzazione del territorio è il distorcimento più barbaro della vocazione naturale dell’ambiente.
Prega, vescovo Romero, perché Pietro che ti ha voluto bene e che due mesi prima della tua morte ti ha incoraggiato ad andare avanti, passi per tutti i luoghi della terra pellegrino di pace e continui audacemente a confermare i fratelli nella fede, nella speranza, nella carità e nella difesa dei diritti umani la dove essi vengono calpestati.
Prega, vescovo Romero, perché tutti i vescovi della terra si facciano banditori della giustizia e operatori di pace, e assumano la nonviolenza come criterio ermeneutica del loro impegno pastorale, ben sapendo che la sicurezza carnale e la prudenza dello spirito non sono grandezze commensurabili tra loro.
Prega, vescovo Romero, per tutti i popoli del terzo e del quarto mondo oppressi dal debito. Facilita, con la tua implorazione presso Dio, la remissione di questi disumani fardelli di schiavitù. Intenerisci il cuore dei faraoni. Accelera i tempi in cui un nuovo ordine economico internazionale liberi il mondo da tutti gli aspiranti al ruolo di Dio. E infine, vescovo Romero, prega per noi qui presenti, perché il Signore ci dia il privilegio di farci prossimo, come te, per tutti coloro che faticano a vivere. E se la sofferenza per il Regno ci lacererà le carni, fa che le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, siano feritoie attraverso le quali possiamo scorgere fin d’ora cieli nuovi e terre nuove.