22 giugno

San Paolino di Nola Vescovo

"Non c’è da meravigliarsi se noi, pur lontani, siamo presenti l’uno all’altro e senza esserci conosciuti ci conosciamo, poiché siamo membra di un solo corpo, abbiamo un unico capo, siamo inondati da un’unica grazia, viviamo di un solo pane, camminiamo su un’unica strada, abitiamo nella medesima casa".

"I cuori votati a Cristo respingono le Muse e sono chiusi ad Apollo"
Discendeva da un'illustre famiglia senatoriale e consolare ed era figlio del prefetto della Provincia di Aquitania. Studiò legge e filosofia. A quindici anni, quando il maestro si trasferì a Milano, egli aveva già completato la sua istruzione letteraria.

A poco più di venti anni fu annoverato tra i seicento senatori. Nel 378, uscito di carica, gli spettava il governo di una provincia senatoriale ed egli scelse la Campania. Anziché stare a Capua, preferì Nola, ove egli aveva alcuni possedimenti. A Cimitile, vicino a Nola, era venerato san Felice: prima di tornare in Aquitania, con bizzarra cerimonia pagana, si tagliò la barba e la consacrò simbolicamente a san Felice. A Barcellona conobbe Therasia, donna ricca e bella, ma (diversamente da lui) cristiana e battezzata: ella divenne la sua consorte e lo guidò sulla strada della conversione. Nel 389 infatti, a 35 anni, nella chiesa di Bordeaux, Paolino ricevette il battesimo dal vescovo Delfino. Nel 392 dalla coppia nacque Celso, ma appena otto giorni dopo la nascita morì: questo evento segnò Paolino per sempre e lo spinse ancor più a rifugiarsi nella fede. Il suo percorso di conversione fu così completo.

"Voce di popolo, voce di Dio"
Nel 393 Paolino si trovava a Barcellona e durante una messa nel giorno di Natale i fedeli invocarono: «Paolino sacerdote...!». Decise di prendere i voti e farsi sacerdote, secondo la massima: "Voce di popolo, voce di Dio". Dopo l'ordinazione, avvenuta nel 394, partì per un viaggio in Italia dove conobbe sant'Ambrogio. Durante una sosta in Toscana lui e la moglie decisero di dedicarsi completamente alla vita monastica. Decise di stabilirsi a Nola, dove aveva soggiornato quando era stato governatore della Campania e dove si trovava la tomba di san Felice martire, al quale egli era particolarmente devoto. Fondò un cenobio maschile e uno femminile, che si contraddistinsero per l'intensa vita di preghiera e per l'assistenza ai poveri. Appena arrivato, si ammalò gravemente e guarì solo dopo lungo tempo (secondo la leggenda agiografica la guarigione fu dovuta a un miracolo, opera di san Felice). In seguito innalzò una basilica a san Felice al posto del precedente santuario, assai più modesto, e attorno ad essa edificò una serie di chiostri ricchi di colonnati e fontane per accogliere le migliaia di pellegrini che ogni anno si recavano presso l'ara di san Felice. La moglie Terasia morì tra il 409 e il 414.

«Paolino Vescovo!»
Il 24 agosto del 410 Alarico I, re dei visigoti, entrò in Roma e la saccheggiò. Morì in quell'anno Paolo, vescovo di Nola, proprio quando Alarico era alle porte della città. Il popolo dei fedeli, con situazione analoga a quella di Barcellona, invocò: «Paolino Vescovo!», ed egli accettò la carica come in precedenza. Nola fu presa e devastata dai visigoti e gran parte degli abitanti vennero fatti prigionieri. Paolino vendette caritatevolmente tutti i suoi averi per riscattare i prigionieri, compresa la croce episcopale. Quando non ebbe più niente, offrì la propria persona agli invasori per riscattare l'unico figlio di una vedova. Giunto in Africa e venduto come schiavo, divenne il giardiniere del proprio padrone. Un giorno Paolino profetizzò l'imminente morte del re al suo padrone e, condotto innanzi al regnante, questi ne ebbe paura: in un suo sogno, Paolino presiedeva un tribunale di giudici contro di lui. Interrogatolo e scoperta la sua carica di vescovo, il padrone gli promise di concedergli qualsiasi cosa avesse chiesto; Paolino rispose che non desiderava altro che la liberazione sua e di tutti i nolani con lui. Così avvenne e questi tornarono al loro paese accompagnati da navi cariche di grano. Sulla spiaggia di Torre Annunziata fu accolto assieme ai prigionieri riscattati dai fedeli nolani che portavano e sventolavano mazzi di fiori. Rimane ancora oggi la tradizione dell'accoglienza: ogni anno (la prima domenica dopo il 22 giugno) a Nola si tiene la Festa dei Gigli in suo onore.

Per mezzo dello Spirito Santo Dio infonde il suo amore in tutti i suoi servi.
Dalle «Lettere» di san Paolo da Nola

Questa é la vera carità, questo é l’amore perfetto che tu, signor mio, veramente buono, gentile e carissimo, hai dimostrato di avere verso la nostra pochezza. Per mezzo del nostro Giuliano, che tornava da Cartagine, abbiamo ricevuto la tua lettera. Essa ci porta tanta luce della tua santità, da poter dire che noi, più che conoscere, riconosciamo la tua carità. Senza dubbio tale carità deriva da colui che dall’origine del mondo ci ha predestinati a sé. In lui eravamo ancor prima di nascere; perché é lui che ci ha creati e non noi da noi stessi (cfr. Sal 99, 3). E’ lui che ha fatto anche quelle cose che devono ancora compiersi nel futuro.

Dalla sua prescienza e dalla sua opera siamo stati formati ad avere una sola volontà e identica fede, o meglio ad avere fede nell’Unità. Siamo stati cementati dalla carità, perché, mediante la rivelazione dello Spirito, ci conoscessimo a vicenda ancor prima di vederci. Rallegriamoci quindi e consoliamoci nel Signore che, pur restando sempre uguale a se stesso, diffonde in ogni luogo il suo amore nei suoi fedeli, per opera dello Spirito Santo. Egli lo ha riservato abbondantemente su tutte le creature, allietando così con il suo impulso vivificante la città di Dio. Tra i cittadini di questa città egli ha voluto ben a ragione collocare te tanto in alto da farti sedere «tra i principi del suo popolo» (Sal 112, 8) sulla cattedra degli apostoli. Così nella tua stessa sorte ha voluto aggregare anche noi, sollevandoci da terra e rialzandoci dalla nostra povertà.

Ma più ancora ci rallegriamo perché il Signore ci ha fatti entrare così intimamente nel tuo cuore, dà farci godere di un tuo singolarissimo affetto. Ciò non può rimanere senza contraccambio adeguato e perciò ti assicuriamo di amarti sinceramente. Ed ora permettetici che ti presentiamo un nostro desiderio. Sappi dunque che questo peccatore non é uscito fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte, non ha respinto l’aura vitale e non ha posto mano all’aratro e preso sulle sue spalle la croce di Cristo se non per condurre a termine la sua missione. E proprio per questo abbiamo bisogno delle tue preghiere. Ai tuoi meriti aggiungi anche questo, di alleggerire, con le tue preghiere, i nostri pesi. Il santo che aiuta chi é nella fatica, non oso dire il fratello, sarà esaltato come una grande città.
Abbiamo mandato alla tua santità un pane come simbolo della nostra unità, ma anche dell’unica totale Trinità. Dègnati di mangiarlo in modo che questo pane diventi un’eulogia, cioé un pane benedetto.

Per me Cristo è gloria, ricchezza, regno
Dalla lettera di San Paolino ad Apro

Ritengano per sé gli oratori la loro arte letteraria, i filosofi la loro sapienza, i ricchi le loro ricchezze, i re i loro regni.
Per me Cristo è gloria, ricchezza e regno; per me la sapienza consiste nella stoltezza della predicazione, la forza nella debolezza della carne, la gloria nello scandalo della Croce. In questa il mondo è morto per me ed io al mondo, perché viva per Dio, non certo io, ma Cristo in me. Con Cristo siamo stati sepolti, in lui siamo ora nascosti agli occhi di questo mondo. Il mondo sarà umiliato, quando noi saremo glorificati. In quel giorno il mondo, memore di ciò che ora ci rimprovera, dirà: "Sono questi coloro la cui vita stimavamo pazzia; ma come mai ora sono posti tra i figli di Dio?". Lascia, o fratello carissimo, che ora essi godano della gloria e della loro vita, siano ricchi dei loro beni, "poiché come fieno presto appassiranno" e "i loro giorni sono come ombra che passa". La loro speranza è racchiusa nei limiti di questa vita, poiché non hanno la fede nella verità, né sono disposti ad accogliere la fede.

Preoccupati soltanto delle cose presenti, si immergono nell'avarizia e nel piacere per non credere in Dio. L'uno e l'altro vizio, infatti, sono vinti dal timore di Dio, che è confermato nella fede in Cristo. Da Cristo impariamo a conoscere la verità, sia disprezzando i beni temporali, sia ricercando quelli eterni. Coloro che sono distaccati da lui, poiché Cristo è anche verità, necessariamente rimangono immersi nella triste oscurità dell'errore. Così essi giudicano solido ciò che è fragile e inutile ciò che è solido, fanno oggetto di riso il vero, reputandolo falso e ammirano come vero ciò che è privo di fondamento. Costoro, se cercassero la luce per operare il bene, leverebbero alla sorgente della giustizia gli occhi che tengono rivolti alla terra e almeno un poco si solleverebbero dalla terra. Facilmente sarebbero illuminati dalla stessa conversione degli uomini che essi accusano di falsità e stoltezza. Il Signore, infatti, come sta scritto "libera i prigionieri e ridona la vista ai ciechi". E ancora: "La legge del Signore è perfetta, conforta l'anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggi i semplici". È opera di Dio, infatti, la conversione dell'uomo, perché Egli solo può restaurare colui che è opera sua. Questo già da tempo Cristo, sapienza di Dio, opera nel mondo intero; a tutti i popoli egli giunge con la sua parola alata e penetra nelle anime sante per stabilire in ogni popolo il suo dominio, come disse per mezzo del profeta.

E poiché ormai quotidianamente si avvicina il giorno della resa dei conti e ogni ora ci porta verso il giudizio, il Signore buono si adopera e si affretta a strapparci dall'ira futura e a liberarci, come è scritto, dai vincoli di questa generazione cattiva e viperina. Perciò in ogni luogo quotidianamente più del solito si accumulano miracoli e segni, affinché, per quanto è in lui, salvi l'uomo. Mostra negli eventi, che raramente si verificano, ciò che può giovare a tutti se vogliono. Basta, infatti, per la educazione di tutti il comportamento di pochi, che è proposto per un duplice fine, essere di esempio per i credenti e di testimonianza per quelli che si induriscono nel male. Perciò, se hanno qualche cosa di umano questi, i quali negano nell'animo l'uomo, che mostrano nell'aspetto esteriore, ammirino in te e lodino Dio e non considerino questo felicissimo mutamento del tuo pensiero e della tua vita come un errore della tua stoltezza, ma comprendano che si tratta della potenza della divina Sapienza. Infatti quanto più riconoscono che tu sei stato più prudente e più dotto degli altri, tanto più per essi deve essere evidente l'azione della potenza di Dio, poiché nessuno può allontanare una persona prudente dal corso e dalla stabilità del proprio parere se non la stessa somma Sapienza. E questa è la divinità in Cristo, virtù somma e mente perfetta, il Signore della gloria, il braccio eccelso, nel quale, come è scritto, furono dispersi i superbi nei pensieri dei loro cuori, rovesciati i potenti dal trono e innalzati gli umili. Da questo braccio, cioè da Cristo, gli affamati sono ricolmati di beni e i ricchi sono rimandati a mani vuote. Tutto questo noi vediamo che si compie in te. Guardati, infatti, dentro e troverai in te stesso ambedue queste cose, che Dio abbatte o solleva.

Preghiera a San Paolino di Nola
O San Paolino, che i doni del nettare santo ci mostri e favi elargisci di miele raccolti nell'orto celeste, osserva qual crudo dolore mortifica i cuori qui in terra, e quale veleno il maligno accosta alle labbra dell'uomo.O padre dolcissimo e santo, che doni all'Empireo dolcezza, il pane, che mostri, deponi sul labbro di tutti i fedeli. Preghiere eleviamo e dai cuori recedono ansiose le pene; offerte porgiamo ed il pegno abbiam del convito celeste. Sia gloria alla Triade Santa, e debite grazie sian rese a Dio, che concede ai mortali caparra sì grande del cielo. Amen.

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